26.11.05

COSA ACCADE AD UNA RAGAZZA CHE HA DECISO DI ABORTIRE /2
da Anna Mantero dalla provincia di Trento


Siamo in quattro: una ragazza dell’est, due coppie ed io. Ci fanno una visita. Nuovamente la ginecologa del reparto mi domanda perché voglio abortire e se sono sicura di volerlo fare. Io mi innervosisco e ripeto meccanicamente le ragioni che avevo detto al consultorio. Lei per smorzare i toni mi dice che ho un bel piercing. Poi ci mettono in una stanza e ci danno un ovulo da inserire in vagina. Dopo mezz’ora l’ovulo mi procura degli spasmi molto dolorosi a livello dell’utero e inizio a sanguinare copiosamente. Faccio amicizia con la ragazza di fianco al mio letto. Il suo ragazzo non parla, sembra distrutto. Lei mi chiede se è la prima volta. Dico di si. Anche per lei è la prima volta. Piange. Capisco che è una decisione che non vorrebbe prendere ma deve farlo. Forse per motivi di salute non può portare avanti la gravidanza. Leggo un po’ la Littizzetto, che mi tira su di morale, aspettando il mio turno. L’infermiera che ci assiste è una mia amica: mi si avvicina e mi sussurra all’orecchio di non preoccuparmi perché c’è la privacy. Sorrido. Arriva il mio turno e mi portano in sala operatoria. Il ginecologo è gentile e cerca di tranquillizzarmi. Le infermiere, invece, mi prendono come un sacco di patate e mi sbattono sul lettino che mi sembra uno strumento di tortura. Mi fanno l’iniezione con l’anestesia totale. Roteo gli occhi verso destra e mi addormento all’istante, L’operazione, dicono, durerà qualche minuto. Mi risveglio, rischiarata da un raggio di sole che passa da una persiana e dalla voce del ginecologo che mi chiama per nome. Arriva l’amica infermiera a prendermi e a riportarmi in camera. Fuori dalla sala operatoria c’è un’altra mia amica che è venuta in pausa pranzo a trovarmi. Parliamo. Mi aiuta a stendermi sul letto. Alla totale ho reagito benissimo, mi dice l’infermiera. Poi l’amica se ne torna al lavoro e io dormo un po’. Dopo sei ore possiamo bere, ma non mangiare. Il marito di una delle due donne mi porta una tazza di the. Passato il periodo che bisogna attendere dopo l’operazione per verificare che non ci siano emorragie interne, possiamo vestirci, ma dobbiamo essere visitate prima di lasciare l’ospedale.
COSA ACCADE AD UNA RAGAZZA CHE HA DECISO DI ABORTIRE
daAnna Mantero dalla provincia di Trento


Un mese di ritardo. Mi sento strana, sempre stanca. Mi guardo allo specchio e scopro una nuova luce sul mio viso. Mi sa che ci sono rimasta. Test di gravidanza preso in farmacia: positivo. Test in ambulatorio: positivo. Ho 23 anni, faccio l’università e ho una relazione non ufficiale con un mio compagno di corso. Glielo dico. Non reagisce. Prendo subito appuntamento con il consultorio. Otto di mattina di una bella giornata estiva. Dentro dall’assistente sociale parlo dei miei dubbi e delle mie incertezze. Non so ancora cosa voglio fare. L’assistente mi consiglia comunque di prendere appuntamento in ospedale per l’operazione. Dice che passerà un mese dalla data dell’operazione e avrò quindi il tempo di pensare a quello che voglio fare perché posso tirarmi indietro anche se sono già sul lettino operatorio. Visita della ginecologa del consultorio: il feto è ok. Lei compila tutte le carte. Mi chiede se la decisione è stata presa di comune accordo con il mio compagno/marito. Penso al bastardo che mi ha messo incinta, che mi sta aspettando fuori dalla porta e che ogni tanto si vede ancora con la sua ex e dico no: la decisione l’ho presa io. Con le carte che mi autorizzano l’aborto, corro al reparto ginecologico dell’ospedale. L’appuntamento per l’interruzione volontaria di gravidanza è di lì a meno di un mese. Devo fare una serie di visite: elettrocardiogramma, e analisi del sangue per verificare se posso sostenere l’anestesia totale. Mi danno un foglio con tutte le istruzioni su cosa fare e non fare il giorno dell’operazione. Uscita dall’ospedale scoppio a piangere e mi rendo pienamente conto di quello che mi sta accadendo. Il bastardo mi consola poi mi dice che ha da fare e si dilegua. Non lo vedo più per giorni. Decido che devo dirlo ai miei genitori, nel caso mi accadesse qualcosa. Quella sera mia madre piange con me e in un moto di confessione mi dice che sono fortunata perché lei ha dovuto farlo da una mammana, quando abortire era illegale. Mio padre si fa venire una crisi di coscienza e non mi parla per una settimana. Il bastardo si fa sentire e mi domanda che cosa ho deciso di fare. Dico che non lo so. E lui, ad un certo punto, arrivare ad esclamare: ?Che bello! Un figlio!?. Io sorrido e fa capolino la speranza che forse non devo prendere quella decisione. Ma poi sparisce di nuovo e per sempre. Quel mese mi sembra interminabile ma devo pensare bene se prendere o no questa scelta. Comincio a vagheggiare una vita con un figlio. Sono felice all’idea. Ma poi penso che ho solo 22 anni, non un lavoro, che mi devo laureare. Le amiche provano a starmi vicino, ma credo che per loro sia difficile farlo. Arriva il giorno dell’operazione. Sette di mattina, mi presento all’ospedale, senza aver fatto colazione per via della totale.

23.11.05

Videomàfiami
di Marco Travaglio, Unità 22 novembre 2005

Proviamo a immaginare che negli Stati Uniti la Corte Suprema stabilisca definitivamente che l'ex presidente George Bush senior incontrava abitualmente Al Capone, Salvatore Anastasia, Sam Giancana, Lucky Luciano, Frank Coppola in arte «Tre Dita», Salvatore Gambino e John Gotti e ha commesso il reato di associazione per delinquere con Cosa Nostra almeno fino alla primavera del 1980. Che ne sarebbe di lui? Probabilmente soggiornerebbe nelle patrie galere, non esistendo negli Usa quel gentile omaggio chiamato prescrizione che in Italia viene riservato agl'imputati ricchi che riescono a tirare in lungo i loro processi: là la prescrizione si ferma al rinvio a giudizio.
Di certo Bush il Vecchio non farebbe il senatore a vita e nemmeno il testimonial degli spot tv. Anche perché i prodotti sponsorizzati da un ex mafioso non troverebbero acquirenti.

Ora, si da il caso che nessun ex presidente Usa sia stato giudicato mafioso. E' capitato invece a un ex premier italiano, Giulio Andreotti, ritenuto responsabile di associazione per delinquere fino al 1980 (reato commesso ma prescritto grazie alle attenuanti generiche) dalla Cassazione. Ma tutte le tv e quasi tutti i giornali hanno parlato di una sua inesistente assoluzione. Così l'ex premier continua a sedere in Parlamento come senatore a vita, da tutti riverito e omaggiato. E recentemente compare in tv anche in uno spot dei video-telefonini «Tre» in sostituzione di Vittorio Cecchi Gori, al fianco di Claudio Amendola e Valeria Marini. Legge il giornale seduto in aereo (forse in memoria dei viaggi compiuti in Sicilia per incontrare Stefano Bontate nel '79 e nell'80 per discutere del delitto Mattarella). E viene riconosciuto da Amendola e Marini i quali, tutti emozionati, non gli domandano se per caso stia tornano sul luogo del delitto. Gli chiedono che succede in Parlamento.
A quel punto l'anziano prescritto suggerisce loro di munirsi di Pupillo, che non è un 'espressione gergale della malavita per indicare il palo, ma un aggeggio che consente di vedere che accade intorno alla persona chiamata sul video-telefonino. Armati di Birillo, i due interlocutori potranno assistere in diretta alla scena quotidiana di un prescritto per mafia che spiega la lotta alla mafia agli altri senatori. A quel punto i due attori, con la voce rotta dall'emozione, commentano: «Ma lei sa proprio tutto, presidente!». In effetti ignora la sua prescrizione, ma per il resto sa proprio tutto. La Marini potrebbe domandargli quando si deciderà a confessarlo, quel tutto: a dirci se per caso sa qualcosa sul golpe Borghese, su Sindona, su Ambrosoli, su Mattarella, su Dalla Chiesa, su Gelli, su Moro. A quel punto Valeria potrebbe concludere: «Lei sa tutto presidente. Ma perché noi non sappiamo niente?». Invece lo spot finisce lì, sul più bello.
Domanda retorica: se sapessimo qualcosa, nessun 'azienda si sognerebbe di eleggere uno così a testimonial dei suoi prodotti. Perché nessuna azienda riuscirebbe a piazzare non dico un videofonino, ma nemmeno un lavandino sponsorizzato da un ex premier che aveva rapporti con la mafia. E magari, invece della Coca Cola, oggi qualcuno boicotterebbe i videofonini andreottiani.

Invece, dopo i videofonini, Andreotti s'appresta a sponsorizzare pure la Banca d'Italia (prodotto decisamente più consono alla sua figura, visto lo sgovernatore che ci ritroviamo). Ogni anno, a fine novembre, la banca centrale festeggia il «Trentennale» dei dipendenti che di volta in volta raggiungono quelV anzianità di servizio. A solennizzare l'evento interviene a turno un'alta carica dello Stato. Nel 2000 Ciampi, nel 2001 Pera, nel 2002 Casini, nel 2003 di nuovo Ciampi, nel 2004 il presidente della Consulta, Onida. Quest'anno, il 24 e 25 novembre, ci sarà Andreotti. Alcuni sindacalisti di Bankitalia hanno pensato di rammentare ai partecipanti che trentanni fa, mentre i dipendenti ora festeggiati entravano a Palazzo Koch, Andreotti incontrava l'avvocato di Sindona per salvare il bancarottiere piduista e mafioso dalla bancarotta, salvataggio contrastato dall'allora governatore Ciampi e dal liquidatore della Banca Privata Giorgio Ambrosoli. E hanno proposto di distribuire, all'ingresso della cerimonia, un volantino: «Trentennale con la condizionale».
Guia e l'aborto (un problema che non riguarda coloro che ne parlano)

UN'OBIEZIONE RADICALE ALLE POSIZIONI DEL FOGLIO. LA RIVENDICAZIONE DELLA POSSIBILITÀ DI DARE O NEGARE LA VITA

Il bello è che non ne parla mai chi sa di che cosa si stia parlando. Ne discettano tutti da studiosi, col loro bravo riflesso pavloviano "l'aborto-è-un-dramma". L'altra sera, a Matrix, l'aborto era un dramma per tutti i dibattenti. Detto da chi difendeva la 194, faceva un po' tenerezza: una legge che è come un parente un po' scemo, da difendere pur vergognandosene. A un certo punto è comparsa una signora e ha detto che è inutile continuare a parlare di contraccezione, nei paesi ad alto tasso di contraccezione le donne abortiscono come altrove. Ottimo. Quindi la contraccezione non serve, l'aborto è una tragedia dell'umanità, riproducetevi come coniglie e andate in pace. Il bello è che non parla mai chi è interessato all'argomento. A dibattere di quel che devi fare se ti accade di aspettare un figlio senza averne alcuna voglia sono sempre uomini senza figli (vescovi e non) e donne ormai al sicuro da quello scivoloso crinale che è l'arco dell'età riproduttiva e che, mi piace pensare, in gioventù abortirono - con dramma interiore, si capisce - e ora ne sono talmente pentite da voler risparmiare a tutte noi questa possibilità. Non si può dire che non siano altruiste. Certo hanno le stesse probabilità di finire in un consultorio a elemosinare Ru486 e a ricevere buoni consigli da quelli che preferiscono la riproduzione (specie se praticata da altri) che ho io, e la somma di queste probabilità è zero. Il direttore di questo giornale, che ha fatto la sua brava campagna per astenersi dal voto e dalla creazione di embrioni, e l'ha fatta giurando che era orrendamente in malafede chi pensava quella per la fecondazione fosse la prima tappa di una lunga campagna che aveva per obiettivo ultimo l'aborto, ha detto che per carità lui non vuole tornare all'aborto illegale. Pochi secondi dopo ha dichiarato il proprio obiettivo: il numero di aborti effettuati dev'essere portato a zero. Enrico Mentana avrà avuto le sue buone ragioni per non chiedergli come pensi di conciliare le due cose: niente aborti legali, niente aborti illegali… iniezioni obbligatorie di senso materno? Sterilizzazione? Certo non semplice contraccezione, visto che di lì a poco la sua sparring partner ha appunto argomentato che è inutile, le cittadine di quei paesi sciamannati in cui si fa dissennato utilizzo di contraccezione fanno uso altrettanto dissennato di interruzione di gravidanza. Avrò sicuramente capito male, ma mi è sembrato di cogliere il percorso auspicato dal direttore di questo giornale nella sua risposta a una domanda sui volontari del Movimento per la vita. Usando più o meno le stesse parole che di lì a poco, in un servizio, avrebbe usato proprio uno dei volontari in questione, l'uomo che vuole zero aborti legali e zero illegali ha detto che le donne convinte dai volontari pensavano di non volere figli "in un primo momento", ma "poi sono contente". Queste sciocchine. Puoi convincerle a cambiare idea sulla loro volontà di fare un figlio con la stessa facilità con cui le puoi convincere a comprare una gonna in saldo. Puoi convincerle a fare un figlio e poi non potranno che esserne contente, è ineluttabile, tutti i genitori amano i figli, si sa, tutti gli esseri umani sono dotati di istinto genitoriale, diamine. La settimana scorsa questo giornale, che quando si tratta di sostenere le proprie idee non va troppo per il sottile, ha pubblicato la lettera dei genitori di Holly Patterson, che due anni fa morì di infezione dopo aver preso la Ru486. Aveva diciassette anni. Io non ho ben capito, ma è sicuramente un limite mio, perché da queste parti ce la si abbia tanto con la Ru486. Ho l'impressione che non sia perché si sta con la salute delle donne invece che con la lobby dei medici, che sia piuttosto un problema di "se devi abortire, che almeno la cosa ti sia di un qualche peso, niente vie brevi e niente anestesia generale, ché devi stare ben sveglia e renderti conto della porcata che stai facendo" - ma sono certa di stare travisando. Dunque c'era questa lettera, in cui i genitori - che avendo scelto all'epoca di generare e non di abortire sono evidentemente persone migliori di me e persino della loro stessa defunta figlia - scrivevano che "Holly non era una ragazza sola, disamata, senza protezione o appoggio". Quella ragazza amata e appoggiata dai genitori, quell'abitante di una famiglia felice di quelle che si creano solo in una cultura della vita, preferì morire piuttosto che rivelare ai suoi genitori che aveva fatto una cosa turpe come scegliere di non avere un figlio a diciassette anni. Lo so, non bisogna infierire su persone devastate dal dolore. Ma loro per quanto devastati sono vivi, e mi piacerebbe sapere se alla povera Holly, morta di emorragia per non farsi sgridare, avevano insegnato i fondamentali della contraccezione. Aveva diciassette anni, mica sette. Io ero certamente disattenta. Probabilmente confusa dalla visione dei volontari del Movimento per la vita, impegnata a pensare che "fanatismo religioso" fosse una tautologia, con un calo di concentrazione dovuto all'ora tarda. Perché giurerei che, nel dibattito su Canale5, il direttore di questo giornale abbia detto che "la salute della donna risiede nella sua capacità di generare" - e questo non può essere vero, giusto? Non può averlo detto, dico bene? Non tanto e non solo perché sarebbe troppo sprezzante nei confronti di tutte le donne che scelgano di non generare, perché sancirebbe la figura della donna-come-fattrice- punto. Quanto perché giurerei che, nel corso del dibattito sull'astensione dalla procreazione assistita e dal voto, lo stesso direttore di questo stesso giornale argomentasse che la sterilità non è una malattia che va curata, ma una condizione naturale da accettare come tale. O forse ero distratta anche allora, e ho capito male. Facciamo finta di essere d'accordo su una premessa: si abortisce a quindici anni, non a trenta. Una donna adulta che non abbia ancora imparato a mandare a quel paese gli uomini che "con il preservativo non mi tira", gli uomini che "stai tranquilla ci penso io", e in generale a gestirsi accortamente le poche ore di fertilità che le capitano ogni mese, una donna così è adulta solo formalmente. Le gravidanze indesiderate sono un accidente di gioventù, di quell'età dell'innocenza in cui è ancora lecito pensare che gli uomini preferiscano essere informati della questione e partecipare alla decisione se abortire o procreare, di quel periodo di incertezza in cui è lecito non sapere se un figlio lo si vuole o no, e magari fare conversazione con un volontario può convincerti in un senso o nell'altro. Una donna adulta che - ops - resta incinta per sbaglio, e - ops - credeva di voler abortire ma le si può far cambiare idea come sull'acquisto di un cappotto che tutto sommato non le dona, una donna così è un'idiota. Vanno protette, le idiote, quelle che credono "che all'ottava settimana sia un grumo" e quando vedono l'immagine con le braccine sono così commosse che improvvisamente sono pronte a essere madri? Vanno salvate da loro stesse? E, se sì, è più protettivo nei loro confronti forzarle a riprodursi, mettendo al mondo figli indesiderati (al netto della poetica poi-sei-contenta), o a lasciar perdere, ché la maternità è questione che necessita di un po' di sale in zucca, e non si capisce perché aprire una salumeria richieda una licenza e prendersi a vita la responsabilità di un altro essere umano neppure richieda un test psicoattitudinale? (Sì, sì: i figli si sono sempre fatti senza tante storie. Sì, sì: torniamo nelle caverne). Siccome Dio esiste e traccia i palinsesti, a interruzione del dibattito sull'aborto c'era uno spot della Mister Baby: la città pullulava di donne col pancione, e la voce fuori campo spiegava, casomai ce ne fosse bisogno, che da quando ci sono meravigliosi biberon e gadget assortiti della Mister Baby "cresce la voglia di diventare mamma". Diteglielo, ai volontari, che basta così poco: invece di stordirle di chiacchiere, le gravide, si presentassero con un biberon in omaggio. Le sciocchine si lasceranno convincere. (Poi c'è la questione del "sostituirsi a Dio" e "chi sei tu per scegliere di dare la vita e la morte?". Lieta di apprendere che Dio c'è per certo - mica ci si può sostituire a qualcuno che non c'è, no? - provo a rispondere: sono una che può dare la vita, e anche decidere di non darla. Spiacente, è una discussione impari. Magari nella prossima vita sei fortunato, nasci con un utero, ma per ora non puoi praticare nessuna delle due opzioni. Quanto al delirio di onnipotenza, segnalo il caso di scuola del "dare la vita per interposto parto": la signora della Mangiagalli e l'orgoglio del suo sguardo nel raccontare, fingendo di schermirsi, delle madri che dicono ai neonati "non fosse per questa signora tu non saresti nato". Poi lo scaricano a lei, il pupo, quando si accorgono di non essere portate per il mestiere di madre?) Il bello è che non parlano mai quelle che non sono né me né le dibattenti televisive. Quelle che, in caso di bisogno, vanno davvero in un consultorio. Ne parliamo noi, che abbiamo stipendi sufficientemente alti e assicurazioni sanitarie sufficientemente buone da, in caso di bisogno, andare non dal macellaio da ambulatorio mostrato in tv l'altra sera, ma in una qualche serissima casa di cura privata che scriva "raschiamento" sulla cartella clinica. L'abbiamo sempre fatto, perché sulla legalità prevale la comodità, lo faremmo anche se l'aborto fosse illegale. Il rappresentante del Movimento per la vita, osasse questionare sulle nostre decisioni, verrebbe trattato come un rappresentante di aspirapolveri. Ma non se ne darà l'occasione, perché noi dal consultorio non ci passeremo comunque. Non è un nostro problema. E' un problema delle extracomunitarie, delle pocotenenti, e delle tredicenni. Quelle stesse tredicenni di cui, sempre l'altra sera in tv, un infermiere di un ospedale romano lamentava non usassero il preservativo e poi andassero a chiedere la pillola del giorno dopo. Ecco, io preferirei che qualcuno, magari genitori che si organizzino prima per non piangerne la morte per aborto malfatto dopo, insegnasse loro un paio di banalità sulla contraccezione. A quel punto, potrò anch'io iniziare a scandalizzarmi per le cose veramente importanti, quelle per cui l'altra sera in tv si scandalizzava il direttore di questo giornale: che per l'infermiere la pillola del giorno dopo fosse affare così banale da trattarlo con strascicata cadenza romanesca. A quel punto potremo tutti riguadagnare un po' di stile, smettendo di sporcarci le mani con una bruta realtà fatta di sangue, sperma, dialetti.

Guia Soncini

22.11.05

Eccoci vescovizzati
CONTRORDINE di ALESSANDRO ROBECCHI

Vedo che giornali e telegiornali parlano molto delle donne, del corpo delle donne, dei diritti delle donne. Quelli che ne parlano sono uomini, o vescovi, o Giovanardi, il che induce a pensare che non ci sia davvero alcuna pietà per le ragazze. Il fatto che Ruini, Storace e la regione Veneto (con l'appoggio esterno di Casini) vogliano aprire le porte dei consultori ai militanti del movimento per la vita ha del paradossale: prima si è fatto di tutto per impoverire i consultori, minarli, devastarli, e poi si pretende di infiltrarli con quei signori che anni fa se ne andavano in giro con un feto nella ventiquattr'ore. A nessuno sfugge che la nuova impennata di livore antiaborista derivi da un semplice ed elementare progresso scientifico (in cui peraltro l'Italia arriva buona ultima), cioè l'introduzione di una pillola abortiva che permette l'interruzione di gravidanza in modo meno invasivo, doloroso e chirurgico. Insomma, si sa che se non ci sono sangue e lacrime in quantità i cattolici si divertono molto meno, e rischiano di perdere per strada alcuni dei principali pilastri del loro marketing: dolore, sofferenza, violenza sui corpi, senso di colpa eccetera. Già perdono clienti su molti fronti (il fronte delle vocazioni, il fronte dei matrimoni) e veder sfumare gran parte della sofferenza (almeno gran parte di quella fisica) da una scelta che già di suo è sofferta e traumatica li turba parecchio.

Del resto, tutte le aziende che perdono quote di mercato tentano per prima cosa un marketing più aggressivo. Si aggiunga che i vescovi stanno in tivù ormai quasi più di Bruno Vespa e che hanno acquisito una visibilità mediatica che è ben superiore al loro peso nella società. O perlomeno al peso che avrebbero nella società se tutti - a destra e a sinistra - non passassero ore, giorni e settimane a corteggiarli per una questione o quell'altra. Così ci sono esponenti della sinistra che chiedono con accorati appelli di non attaccare più i vescovi, cosa che pare faccia perdere voti. E sembra che il problema non sia più quello di essere laici (sacrilegio!), ma che si debba evitare persino di essere laicisti. E ancor più strabiliante è l'affermazione di Fassino che sottoscrive in toto le parole del papa (lui dice «perfetta sintonia»). Cioè: «Laicità significa assoluta indipendenza dei valori temporali tenendo conto della fede». Tradotto in italiano, essere laici significa dividere in modo ferreo le cose dello Stato da quelle della Chiesa, fino a quando non interviene la fede. Papale papale (è il caso di dire) si può essere laici finché si vuole, ma poi interviene la fede e prende tutti a cazzotti: il laicismo è dunque una faccenda per atei e quindi, alla fin della fiera, pussa via.

Ha ragione Andrea Colombo che ieri, su questo giornale, ha analizzato in questo modo l'invadenza della Chiesa nella politica italiana: sfumato il sogno di un partitone cattolico, sono passati all'infiltrazione di entrambi gli schieramenti. Quel che si propone, insomma, è una specie di pensiero unico (come quello liberista, né più né meno) che pervada entrambi i poli, da qui la prudenza della sinistra, le conversioni improvvise, le posizioni interlocutorie che spuntano anche quando non ci sarebbe niente da interloquire. La politica insomma si vescovizza. Ma va detto che anche i vescovi si politicizzano (nell'accezione meno nobile, clientelare e cinica) e oggi la Cei sembra Mastella, da cui ognuno va con il suo cesto di doni per guadagnarsi il consenso. Ieri, per esempio, il capo del governo è andato a incontrare il papa, carico di fogli e foglietti per mostrare quanto abbia fatto il suo governo per favorire la Chiesa. Una Chiesa che parla alle anime, ma che non disdegna di risparmiare sull'Ici, e questo a casa mia si chiama laicismo. Sulla triste questione dell'Ici, ad esempio, la sinistra ha protestato vibratamente, ma non ho sentito nessuno mettere all'ordine del giorno per il prossimo dieci aprile, in caso di vittoria dell'Unione, il ripristino immediato della tassa sugli immobili della Chiesa (altro sacrilegio!). In compenso, ecco tutti, a sinistra, plaudire alle critiche ecclesiastiche alla devolution, come se i vescovi avessero improvvisamente detto «qualcosa di sinistra». Miopia spaventosa: trattasi soltanto della preoccupazione di poter controllare venti sanità invece di una sola. E visto che le regioni che chiedono l'introduzione della pillola abortiva cominciano ad essere parecchie, i vertici della Chiesa si chiedono come diavolo faranno, in futuro, a far pressione su venti ministri della sanità anziché su uno solo, che tra l'altro - non c'è limite al peggio - oggi si chiama Storace.

20.11.05

I naufraghi di An sull'isola di Claretta
Satira preventiva di Michele Serra

La tv italiana è il luogo prediletto della politica, l'unico luogo. La centralità della classe operaia è stata rimpiazzata dalla centralità delle truccatrici e dei microfonisti

Tutto ebbe inizio un lontano giorno del '94, quando il decano dei comici Raimondo Vianello e la valletta Antonella Elia, nel corso di un varietà tv, dichiararono il loro voto per Berlusconi, seguiti a breve dalla cantante Zanicchi. Di lì in poi, la tv italiana divenne il luogo prediletto della politica, e presto l'unico luogo. La centralità della classe operaia venne rimpiazzata dalla centralità delle truccatrici e dei microfonisti. E di qui in poi? Di qui in poi, ecco cosa prevede il palinsesto politico.

Varietà Basta con i politici ospiti dei cantanti. Saranno i cantanti a partecipare, se invitati, agli show condotti dai vari leader, da 'Roccopolitik', biografia in musica di Rocco Buttiglione, a 'Stasera Kesserling', varietà revisionista condotto da Mirko Tremaglia con le gemelle Kessler, da 'Studio no', di e con Umberto Bossi, al disinvolto e divertentissimo 'Viva la figa', con Ignazio La Russa in diretta dal Gilda. Naturalmente anche la sinistra avrà il suo spazio. Si dice un gran bene del brillante e colto cabaret 'Hunsoferschafthausestein', in onda dopo la mezzanotte, dove gli intellettuali di sinistra si rivolgeranno direttamente al popolo con recensioni spiritose dei quadri espressionisti degli anni Venti. Molto attesi il quiz 'Il concorrentone', in quota al correntone dei ds, e il varietà prodiano 'Tutti in bici', un format belga a tappe. D'Alema condurrà 'Controfiocco', galà in barca a vela. In scaletta il recupero di un uomo in mare, una gara di nodi tra senatori e deputati, e lo stesso D'Alema che canta, al timone, 'C'era una volta un piccolo naviglio' in coppia con Pavarotti.

Fiction Già pronte le quattro puntate di 'Casa Arcore', vita di Berlusconi interpretata da un attore altissimo. La sinistra risponde con una 'Vita di Berlinguer' nella quale il leader del Pci viene presentato come un uomo allegrissimo e gaudente, giocatore di dadi, donnaiolo, socio in affari di Rockefeller, elettore del partito liberale, che si scambiava le fidanzate e le cravatte con l'amico del cuore, Bettino Craxi. "Basta con l'immagine cupa e quaresimale di Berlinguer", spiega una nota dei diesse. Berlinguer sarà interpretato da una bravissima Monica Bellucci.

Reality Molto atteso 'Scissioni', un reality a eliminazione con tutti i dirigenti della sinistra di ieri e di oggi rinchiusi in una sala congressi, disarmati all'ingresso dalla security. A buon punto la nuova edizione italiana di 'Temptation Island', che si chiamerà 'L'isola di Claretta'. I dirigenti di An saranno confinati in un grand hotel di Mauritius con le attricette loro amanti. Le loro mogli saranno in un albergo vicino con i ballerini del corpo di ballo dell'Africa equatoriale al completo.

Meteo Le previsioni del tempo saranno equamente suddivise tra gli schieramenti, per dare spazio a tutti i punti di vista. In preparazione un meteo movimentista, che esalta la funzione delle perturbazioni e deplora la staticità dell'anticiclone. Uno riformista, nel quale Francesco Rutelli introdurrà cautamente e senza strappi i fenomeni di bassa pressione, esaltando il ruolo dei leggeri piovaschi e dichiarandosi in disaccordo con i temporali. E uno berlusconiano, in collaborazione con Coppertone, che annuncia solleone anche a Natale e sarà condotto dalle isobarine, due ragazze nude che si disegneranno a vicenda, con il pennarello, due nuvolette sulle tette sostenendo che sono le Alpi.

Varie La nuova 'Tribuna politica' affidata al cardinal Ruini sarà aperta a tutti gli esponenti di partito, che ascolteranno il cardinal Ruini a turno, tre minuti ciascuno. Il 'Pavarotti and Friends' è una formula ormai logora, verrà rimpiazzato da un attesissimo 'Previti and Friends', in diretta dalle Isole Caimane, con un cast che si preannuncia clamoroso, da Bob Dylan ai Rolling Stones, da Madonna a Elton John, tutti convinti a duettare con Previti in cambio della distruzione dei dossier sul loro conto. In forse, invece, la partecipazione di Maria De Filippi al nuovo 'C'è posta per te' condotto da Piero Fassino. Cancellato il musical 'Genova per noi', ricostruzione molto realistica del G8, con le coreografie di Maurizio Gasparri: l'intero cast si è infortunato durante le prove. In controtendenza, Fausto Bertinotti ha annunciato che diraderà la sua presenza in video, evitando di comparire nei Simpson e nelle notizie sul traffico.

18.11.05

Fosforo e distintivi
CONTRORDINE di ALESSANDRO ROBECCHI

Effetti del fosforo bianco sui civili iracheni di Falluja: bruciature micidiali che sciolgono la carne e lasciano intatti i vestiti. Effetti del fosforo bianco sull'informazione italiana: bruciature di intere pagine, che lasciano intatti i lettori. Questa volta Clarissa Burt non si è espressa, leggo la delusione sui vostri volti. I grandi giornali (piccola eccezione ieri sul Corriere, tutta declinata al condizionale) non hanno ancora scoperto la notizia che i nostri amici americani le armi di distruzione di massa se le sono portate da casa e le hanno usate in spregio a ogni convenzione. Armi chimiche di fabbricazione americana sparate su tutto quel che si muoveva a Falluja. Dal produttore al consumatore, non come l'altra volta che per sparare armi chimiche americane sugli iraniani era servita la mediazione di Saddam (che poi le tirò sui curdi, ops!). Gli americani lo hanno pure scritto su un loro house-organ (notizia che ho letto solo su questo giornale) per dire che in effetti sì, il fosforo bianco sparato su esseri umani funziona alla grande. Ah, averci pensato prima! Spero non sfugga a nessuno che non si può fare di tutte le armi chimiche un fascio: se le usa Saddam bisogna assolutamente mettersi l'elmetto e andare a consegnare la democrazia agli iracheni.

Se le usa Bush si fa finta di niente e chi lo documenta è semplicemente accecato dall'odio antiamericano (che sia detto per inciso è sempre meglio che essere accecati dal fosforo bianco). Così, i giornali italiani e le televisioni (con le eccezioni di RaiNews24 e Raitre, grazie a Primo Piano) fanno finta di niente. I più lucidi tra gli embedded, Giuliano Ferrara e Clarissa Burt non hanno scritto una riga né detto una parola. Niente fiaccolate per il nuovo napalm. Un rapido giro nel controllo della malafede mi ha indotto persino a un gesto dadaista e disperato: comprare il Riformista, spassoso giornale satirico. Ed ecco l'articolo dell'ambasciatore americano in Italia che ci ringrazia per aver mandato a morire alcuni italiani in Iraq, ci assicura che entreranno nei libri di storia, ma sulle armi chimiche americane niente, nemmeno una virgola. Devo dedurre che tra gli effetti collaterali del fosforo bianco ci siano disturbi alla memoria, anche se naturalmente il Riformista chiede con un accorato appello una giornata della memoria. Effetti devastanti sulla memoria anche per il nostro premier, tutto impegnato a ricordare alla masse che lui la guerra non la voleva e che era contrario, anzi è un noto pacifista. Ma quando è arrivato in Italia il presidente iracheno, installato dagli invasori, ha assicurato che la guerra era inevitabile. Quando quello se n'è andato ha ricominciato a dire che lui era contrario: un bi-Silvio ad assetto variabile, forse un altro effetto collaterale del fosforo bianco (occhio alla caduta dei capelli!). Il premier anzi fa di più, dipana davanti ai giovani azzurri (puffi? effetti del fosforo?) una semplice equazione: dire che l'Italia ha voluto la guerra, e ha anche fornito le prove (false) agli americani per avere una scusa per l'attacco non è più solo anti-americano, ma addirittura anti-italiano. E se verrà qui un qualche kamikaze a rovinarci le feste di Natale sarà colpa di chi ha appeso la bandiera della pace. Inutilmente ho cercato i pezzi di Teodori, Fallaci, Pera Marcello e altri corifei del settimo cavalleggeri, magari anche piccoli corsivi e trafiletti. Niente: il fosforo bianco ha bruciato tutto, meno male che ha lasciato intatti i vestiti. Tutti quelli abituati a farci enormi pipponi su come si fa il giornalismo sono preda di gravi attacchi di amnesia.

Ora, dopo appena qualche timida voce che si leva dai banchi dell'Unione, aspetto con trepidazione una netta posizione dei Ds, una dichiarazione di Prodi e una di quelle fulminanti battute dietro le quali si intuisce il talento politico di Rutelli: qualcuno dei nostri eroi oserà dichiarare che usare armi chimiche sui civili è piuttosto incivile? Che Bush è un criminale di guerra? Che Berlusconi è un suo complice? Che non vogliamo restare laggiù mentre i nostri alleati cuociono donne e bambini? Ops, scusate, mi è scappata. Sono proprio anti-italiano, maledizione. Sarà l'effetto del fosforo bianco.
Anticipazioni da anticipare
CONTRORDINE di ALESSANDRO ROBECCHI

Ogni mattina ci alziamo dal letto e ci chiediamo che tipo di giornata sarà. Se piove o c'è il sole. Se troveremo traffico. Se i bambini finiranno senza danni la loro garrula colazione-intifada prima di essere impacchettati e depositati a scuola. Aprendo gli occhi, ogni giorno, ci accomodiamo nelle nostre vite, ma da qualche settimana abbiamo una domanda in più per aprire la giornata. Quale anticipazione dal nuovo libro di Bruno Vespa ci beccheremo oggi? Da quale ciclone di strabilianti rivelazioni saremo investiti? Finora abbiamo avuto alcuni gustosi antipasti dell'ultima fatica letteraria del cerimoniere del consenso. Bossi rivela: ho avuto un altro coccolone più grave del primo. Berlusconi rivela i nomi dei comici che non gli piacciono. Berlusconi dice che torneremo dall'Iraq 300 alla volta. D'Alema dice che col senno di poi, parlandone in poltrona, Mussolini non andava fucilato, ma processato (parlandone in poltrona, con o senza la ex-Cirielli?). Insomma, l'ultimo polpettone di Vespa esce a dispense su tutti i giornali, a puntate come un feuilletton dell'Ottocento. Chi comprerà il libro, alla fine, di inedito leggerà solo i numeri di pagina, e tutto il resto sarà già noto. Ad ogni rivelazione, come al cineforum, segue dibattito. Ce n'è abbastanza per svegliarsi con gli occhi sbarrati e chiedersi: e oggi? Che accadrà oggi? Certi di fare cosa grata ai lettori del manifesto - che potranno così risparmiare la bellezza di 18 euro - anticipiamo le prossime anticipazioni.

Durante la guerra ci furono dei morti - Grazie a numerose interviste inedite con protagonisti della Storia, Vespa ricostruisce gli anni bui della guerra civile. Scopre così che si sparava con armi vere e che molti si fecero male sul serio. Invita dunque a una riflessione su quella terribile stagione dell'odio.

Pearl Arbour, fu una fuga di gas - Alcune testimonianze inedite raccolte da Vespa negli intervalli pubblicitari di Porta a Porta permettono di ricostruire le terribili giornate dell'attacco a Pearl Arbour. Non furono i giapponesi, ma un fornellino da campo difettoso. Un piccolo incidente domestico inaugurò quindi una grande stagione dell'odio.

Togliatti aveva i baffoni - L'inedita testimonianza di un vecchio barbiere di Trastevere fa finalmente luce sull'orribile stalinismo di Togliatti: egli portava cospicui baffoni alla Stalin. Il motivo per cui non compaiono nelle foto dell'epoca è semplice: venivano cancellati con la scolorina (vecchio trucco comunista). Vespa invita a una riflessione sul clima di odio di quegli anni.

L'11 settembre era un martedì - Il mondo è cambiato dopo l'11/9, una data diventata la più famosa del mondo. Ma chi ricorda che era un martedì? E che era San Giacinto? Vespa ricostruisce il calendario attraverso inedite testimonianze di Frate Indovino e mette in guardia dall'odio islamico.

Follini si dimise per sbaglio - Una serie di inedite testimonianze fanno luce su un fatto storico di portata mondiale: le dimissioni di Follini da segretario dell'Udc, che firmò senza leggerla una lettera di dimissioni presentatagli subdolamente da Giovanardi. Vespa denuncia un clima di odio al centro della politica italiana.

Il ponte di Messina partirà da Napoli - Una serie di testimonianze inedite rivela uno scenario spaventoso per l'Italia di domani. Gelosa degli affari sul ponte già avviati da mafia e `ndrangheta, la camorra vuol dire la sua. La prima campata del Ponte partirà da Napoli e arriverà a Reggio Calabria. Vespa si interroga se questo clima di odio non possa influire sull'ambiente.

Naturalmente non possiamo escludere di aver dimenticato qualche altra interessantissima rivelazione: il libro di Vespa ha 588 pagine e nessuno se le leggerà tutte quante.

7.11.05

Toto', Peppino e i kamikaze
Bananas di Marco Travaglio

Finalmente smascherata, dopo anni di ricerche, la cellula italiana di Al Qaeda che minaccia il nostro Paese con relativo premier. Il merito della sensazionale scoperta non si deve, purtroppo, ai nostri servizi segreti, impegnatissimi a smistare dossier-bufala sugli shopping di uranio di Saddam Hussein in Niger. Lo si deve al nostro presidente del Consiglio, che deve fare tutto da solo. Anche gli annunci delle sue sensazionali scoperte. Il Presidente Detective, visto che non lo faceva nessun altro, ha preso il telefono e ha chiamato Renato Farina "di prima mattina" con la scusa di lamentarsi per una sua comparsata non sufficientemente devota a Primo Piano. E lì, fra un chiagni e un fotti, ha piazzato la rivelazione destinata a fare il giro del mondo: "Io sono oggetto di una minaccia diretta: un kamikaze allo stadio contro di me". Poteva forse comunicare una notizia di questa portata al Consiglio dei ministri, al Parlamento, al Comitato per l'ordine e la sicurezza, o magari a Bush, o eventualmente al Copaco che proprio ieri audiva il generale Pollari? Certo che no. Notizie del genere si comunicano al prestigioso "Libero". Intendiamoci: bisogna essere sinceramente grati a Farina per il ruolo insostituibile che svolge da quando l'Italia è caduta, per motivi ancora imperscrutabili, nelle mani di un cabarettista da navi da crociera: il ruolo di disvelatore che, con una serie di interviste-verità, mostra agli italiani chi è che li governa. Celebre l' intervista dell'estate 2003 a Villa Certosa, in cui l'intrattenitore in vacanza premio mostrava al mondo la sua collezione di cactus e cambiava i calzini a Farina. Indimenticabile quella della notte di Natale del 2003 ad Arcore, quando il battutista raccontò come e qualmente avesse sventato con le nude mani un triplo attentato di Al Qaeda: una bomba nel metrò di Roma, una in quello di Milano, e soprattutto un attacco missilistico alla basilica di San Pietro. Il Vaticano, come pure i sindaci delle due città e i servizi di sicurezza e le forze dell'ordine e il Parlamento e il governo e non ne sapevano nulla. Lui tenne la cosa tutta per sé, poi la disse a Farina sotto l'albero di Natale. E ora, per il terribile salto di qualità della strategia del terrore, la scena si ripete: il premier ci informa, tramite Libero, di questo kamikaze antiberlusconiano pronto a farsi esplodere allo stadio Meazza, forse travestito da Gattuso. "Questioni cosmiche", nota Farina comprensibilmente tremante. Ancora una volta il Paese trattiene il fiato, soprattutto quando scopre dalla viva voce del capo del governo che qualche italiano irresponsabile "espone l'Italia ad attacchi terroristici". Quinte colonne di Al Qaeda, denunciate con nomi e cognomi. Il primo è il noto Emilio Giannelli, vignettista del Corriere della Sera. Il secondo è il quotidiano la Repubblica, che ha pubblicato un'inchiesta sul ruolo di agenti italiani nel confezionamento del dossier bufala. Ecco: se l'Italia sarà bersaglio di un attentato non sarà, per dire, a causa del suo governo che ha mandato 3 mila soldati in soccorso alle truppe di occupazione in Irak. No, sarà per una vignetta di Giannelli:quella che ritrae Bush e Berlusconi che se la ridono sulle dichiarazioni pacifiste del secondo, un "fatto gravissimo" che "nuoce all'interesse del nostro popolo e lo espone a rischi mortali". Non sarà perché un giornale di Berlusconi, "Panorama", girò la bufala dell'uranio nigeriano all'ambasciata Usa che a sua volta la girò alla Cia: no, sarà per l'inchiesta di Repubblica che ne ha svelato i retroscena. Ovviamente falsi: "L'Italia non c'entra niente", giura Berlusconi "con l'autorizzazione di Bush". Dunque, c'è da credergli.
Per non farci mancare proprio niente, Bellachioma squarcia anche l'ultimo velo sui cosmici colloqui avuti di recente alla Casa Bianca: "A Washington dovevo, sottolineo dovevo parlare. Non capisce nessuno? Qui c'è di mezzo la salvezza del nostro Paese. Durante i miei colloqui con George W., abbiamo ripercorso i tentativi da me esperiti per indurlo a non attaccare l'Iraq. Le mie mosse, usando la disponibilità di Gheddafi, per evitare la guerra. Abbiamo rievocato le parabole che adoperavo per indurlo a recedere dalle sue mosse belliche". Ecco, hanno rievocato tutto. Anche le parabole. Perché Bellachioma, come quel suo precursore mediorientale di 2000 anni fa, si esprime a parabole. Almeno alla Casa Bianca. "Caro George W., in verità ti dico…", esordì tre anni fa implorandolo di non bombardare l'Iraq. Poi attaccò con la parabola del buon samaritano, che fra l'altro è libico. Purtroppo, non bastò.
Lega Nordio
Bananas di Marco Travaglio

Si sono giocati anche Nordio. E' bastato che il pm veneziano, come prevede la legge, facesse scarcerare uno straniero coinvolto nel furto in una villa di Annone Veneto, per ritrovarlo iscritto d'ufficio tra le toghe rosse colluse con gli immigrati e i terroristi islamici. E per innescare la solita sarabanda di reazioni indignate di leghisti locali e nazionali (si fa per dire). Senonchè il pm non è Clementina Forleo o Guido Papalia, noti comunisti, bersagli delle marce leghiste con bare di cartone e di morte. E' Carlo Nordio, quello che indagava sul Pci-Pds senza cavarne un ragno dal buco, quello ingaggiato nel 2001 dal cosiddetto ministro Castelli per riscrivere addirittura il Codice penale "entro un anno", poi entro due, poi tre, poi quattro, poi cinque, poi mai. Fortunatamente la legislatura volge al termine e il Codice penale è ancora quello scritto nel 1930 da un fascista serio come Alfredo Rocco. Può Castelli aver ingaggiato una toga rossa che libera gli extracomunitari per far dispetto al governo? Difficile, ma non impossibile: nulla è impossibile nella Caserma delle Libertà. "Quella di Nordio è una scelta irresponsabile e inammissibile, una leggerezza da censurare, una provocazione che disarma le forze dell'ordine: manca la coscienza morale, intervenga Castelli", tuona Alberto Mazzonetto, che essendo il segretario della Lega a Venezia deve soffrire di umidità al cervello. Anche il senatore padano Sergio Stiffoni non ha dubbi: "Certa magistratura continua a non ascoltare la voce dei cittadini e a far entrare dalla porta principale i nuovi barbari". In attesa che Castelli sguinzagli i suoi ispettori contro il suo consulente (casomai ne fosse rimasto libero qualcuno dai rastrellamenti quotidiani alla Procura di Milano),Nordio prova a spiegare a questi giuristi della domenica che "la legge imponeva di scarcerare l'extracomunitario: è un incensurato e non è accusato di rapina, ma di resistenza a pubblico ufficiale, ricettazione e tentato furto: reati che non giustificano la custodia cautelare". "Se - aggiunge il pm, che forse si sta accorgendo in quale compagnia s'è messo - al posto di un extracomunitario, peraltro non clandestino ma con regolare permesso di soggiorno, ci fosse stato un italiano, non ci sarebbe questa fastidiosa polemica". Benedett'uomo: parla di legge in casa Castelli. Ma cosa vuole che importi della legge al ministro della Giustizia? Per questi giuristi per caso, la legge è una zavorra. Come ha dichiarato autorevolmente lo stesso Guardasigilli, a proposito della nomade arrestata a Firenze per il presunto tentato sequestro di un bebè e poi scarcerata, "chi giudica deve tener presente il comune senso di giustizia che il popolo avverte. Non vorrei che fosse il solito razzismo all'incontrario: siccome è indagata una nomade, allora ha diritto all'impunità". Ecco cosa vogliono questi nomadi: l'impunità. Infatti il Parlamento, succube della lobby dei rom, sta varando in fretta e furia una legge salva-nomadi.
Resta da capire come si fa a conoscere il "comune senso di giustizia del popolo", per potersi regolare. Si fa un sondaggio prima di ogni sentenza? O si fa uno squillo al cosiddetto ministro e agli altri rappresentanti del popolo? E' una fortuna che il pm fiorentino, come quello veneziano, continuino a basarsi su quel ferrovecchio del Codice. Anche perché il senso di giustizia del popolo è piuttosto variabile. Nel 2001 il popolo mandò in Parlamento uno come Castelli: oggi, dopo averlo conosciuto, c'è da dubitare che ci ricascherebbe. Del resto, se i giudici ascoltassero il senso di giustizia del popolo, non vorremmo essere nei panni dell'on. Previti. Infatti, nel suo caso, la maggioranza ha preferito evitare di interpellare il senso di giustizia del popolo, e s'è limitata ad ascoltare il senso di giustizia di Previti, dunque si appresta a varare la Salvapreviti. Che regalerà la prescrizione automatica a Previti e agli altri incensurati, cioè al 50% degli imputati. Compresi Totò Cuffaro, i poliziotti violenti del G8, Luigi Odasso, il ras della sanità arrestato tre anni fa a Torino per le mazzette alle Molinette. Ma anche l'extracomunitario di Annone Veneto. Ecco: dev'essere per salvare lui che fanno la legge. Ma il cosiddetto ministro ha ancora tempo per provvedere con un emendamento ad hoc: sono incensurati tutti gli esemplari di pura razza padana, più i romani con casa in piazza Farnese e studio in Via Cicerone. Terroni, meticci e africani sono censurati per definizione. A prescindere.
Qui giace la tv. Una prece
Bananas di Marco Travaglio

Mentre gran parte dei politici e dei critici televisivi (quasi tutti dirigenti televisivi mancati, o falliti, o aspiranti) continuano a occuparsi di dettagli, come il congiuntivo di Santoro o le stecche di Celentano o la sua presunta conversione al comunismo, due sole persone sembrano aver capito cosa sta accadendo dentro e intorno a Rockpolitik: Fedele Confalonieri e Bruno Vespa. Cioè il capo e il simbolo della televisione degli ultimi vent'anni. Sono evidentemente annichiliti, letteralmente sgomenti. Confalonieri, che ogni tanto confessa, l'ha detto all'Unità: "Dal punto di vista della grammatica televisiva, la trasmissione di Celentano è un disastro". Vespa lo ammette da due giovedì, trasformando Porta a Porta in un "Dopo-Rockpolitik" con la solita compagnia di giro di politici e soubrettes per il solito "commento a caldo". Hanno ragione a preoccuparsi. Perché Celentano, con l'aiuto dei suoi autori, sta smontando vent'anni di Televisione Commerciale Unificata (Mediaset e Rai) sotto gli occhi smarriti di chi ne è stato protagonista o mandante e comprensibilmente vorrebbe continuare a esserlo. La Tv Unica è corta e frenetica, Rockpolitick è lungo e riflessivo. La Tv Unica è stretta e affollata, Rockpolitik è largo e semidesertico. La Tv Unica interrompe e non fa parlare chi ha qualcosa da dire. Rockpolitik parla e fa parlare anche i silenzi. La Tv Unica è mezza nulla e mezza spot, Rockpolitick è pieno di cose e quasi vuoto di pubblicità. La Tv Unica fa scappare il pubblico, Rockpolitik nelle due puntate migliori ha attirato 15 milioni di persone. La Tv Unica segue l'agenda fasulla della Politica Unica, Rockpolitik parla di cose vere e dunque proibite, come la censura, la guerra, l'ambiente, la Costituzione, la legalità, la giustizia, la morale, i valori. La Tv Unica parla solo di se stessa e dei suoi padroni e padrini, Rockpolitik parla del mondo reale e tiene fuori padrini e padroni, massacrandoli con stile ed eleganza. La Tv Unica aveva spento Benigni, che nelle sue comparsate degli ultimi tre anni risultava ecumenico, giulebboso, e soprattutto non faceva più ridere: cominciò a essere così in quella triste ospitata a Sanremo 2003, preceduta dalle minacce violente di Giuliano Ferrara ("gli tireremo le uova marce"). Celentano l'ha resuscitato,rivitalizzato lasciandolo solo col suo genio e rimpicciolendosi al ruolo di spalla come solo i grandi sanno fare. Benigni sembrava ringiovanito, e faceva di nuovo ridere, moltissimo.
E' la macchina che si ribella in diretta contro i suoi padroni, come nel film di Stephen King. La gabbia della Tv Unica s'è sfasciata sotto la pressione di tutti quei milioni di telespettatori. Ai quali non importa nulla se Celentano è di destra o di sinistra, radicale o riformista, se fa il gioco del governo o dell'opposizione, se fa vincere Berlusconi o Prodi. Importa cercare, in quel magma caotico ma sbrigliato, in quelle parole (cazzate comprese) in libertà, qualche traccia di se stessi e della vita reale. Sanno che Celentano non è "in quota" Forza Italia né Ds, non è "vicino" alla Margherita nè ad An. E' in quota "se stesso". E' ovvio che i guardiani della gabbia, quelli "in quota" e quelli "vicini", tremino. Non sanno ancora perché, ma tremano. Si sentono espropriati di un qualcosa che abusivamente occupavano in esclusiva. La prima volta hanno attaccato a testa bassa con le solite fesserie: la par condicio nella satira, la satira senza contraddittorio, la satira che non è satira ma informazione, la satira che è tutta di sinistra. Intuivano che stava succedendo qualcosa di grosso, ma non capivano cosa. Poi han visto gli ascolti e si sono allarmati ancor di più. Se 15 milioni di persone hanno visto Santoro e Benigni e non han cambiato canale, vuol dire che lì dentro ci sono gli elettori di destra e di sinistra, i non di destra e i non di sinistra, e i non elettori. Meglio non urtarli troppo, in campagna elettorale. Così i politici che occupano e si occupano della tv si stringono intorno a Vespa, partecipando al suo cordoglio nei funerei Dopo-Rocpolitik. Si arrampicano sui vetri con patetici "a me Celentano piace anche se esagera", "Benigni è satira, Santoro no", "Celentano ha detto che il Papa è rock e questo conta", "ecco la prova che in Italia c'è la massima libertà", "in fondo Crozza fa battute anche sull'opposizione". E intanto, inconsapevolmente, seppelliscono la Tv Unica, la loro tv. Non capiscono ciò che non controllano, ma tentano disperati e trafelati di continuare a gestirlo. Partecipano a un funerale senza sapere che i morti sono loro.
Il grande (s)mentitore
Bananas di Marco Travaglio

Noi gliel'avevamo detto: l'unica salvezza per il Grande (S)mentitore è rilasciare dichiarazioni con smentita incorporata. Esternare e rettificare contemporaneamente. Mai lasciar passare un solo nanosecondo (senza allusioni) fra ordine e contrordine. Soprattutto quando è all'estero, dove non sono abituati. Invece ci è ricascato. E' partito per l'annuale gita-premio a Washington dicendo no alla guerra ed è atterrato dicendo sì alla guerra. Ma, durante il viaggio, l'entourage dell'amico George ha fatto in tempo a esprimere i suoi dubbi sull'affidabilità dell'ex amico pubblico numero uno. Nel vertice alla Casa Bianca, Silvio avrebbe tanto voluto parlare di politica, ma ormai George lo conosce e ha preferito dirottare il discorso su un tema più consono all'interlocutore: il virus dei polli. Non è uno scherzo. L'ha dichiarato il portavoce della Casa Bianca Scott McClellan il 31 ottobre: "Oggi il Presidente e il premier Berlusconi hanno discusso alla Casa Bianca dell'importanza di collaborare, l'Ue e gli Usa, per affrontare questa minaccia (l'influenza aviaria, ndr) e, in caso di trasmissione da uomo a uomo, essere in grado di muoversi in fretta per contenere la possibile epidemia". Intanto, nella speranza di non essere sgamato, Bellachioma dava fondo alla fantasia: "Gliel'ho detto a Bush: le elezioni del 2006 le vinciamo noi. Il governo Usa teme cambi di governo in Italia perché è avvertito dei progetti della sinistra. Basta fare uno più uno…". Debole in matematica, l'amico George ha fatto smentire su due piedi l'esuberante stagista. Il quale se l'è presa con alcuni giornali che avevano addirittura riportato la smentita della Casa Bianca (poi ha attribuito il dossier-bufala del Ciagate ai servizi inglesi: mentre scriviamo, non risultano ancora smentite).
E dire che era così semplice: bastava dichiarare che Bush non vuole Prodi a Palazzo Chigi e, subito dopo, che Bush non vede l'ora che Prodi vada a Palazzo Chigi, per evitare l'ennesimo incidente diplomatico. Ma niente da fare: anziché dei veri amici, Bellachioma continua a fidarsi di quelli falsi, pronti a saltargli addosso appena, Dio non voglia, perdesse le elezioni. Anche perché non ne possono più. Provate voi a fare la vita di un Bonaiuti, di un Bondi, di un Adornato, di uno Schifani. Tre anni a ripetere con il Capo che la guerra è bella anche se fa male, che la democrazia si esporta a suon di bombe, che omai l'Irak è la Svizzera tant'è che i nostro soldati, potendo, resterebbero a Nassiriya altri dieci anni.Poi all'improvviso arriva il contrordine e tutti a dire che in fondo la guerra non è poi questa gran cosa, che quello scavezzacollo di Bush vuole sempre sparare a tutti e non ha capito una mazza, insomma la democrazia non si esporta a suon di bombe e da Nassiriya ce ne andiamo 300 alla volta. Poi quello atterra a Washington: Bush torna un genio e la guerra un toccasana, e da Nassiriya non si va più via. E chissà cosa gli esce dalla bocca appena lo rimpatriano. Ma si può andare avanti così? Ci si mette pure Bruno Vespa, che deve piazzare il suo nuovo libro prima ancora di averlo scritto: se Bellachioma gli dice che restiamo in Iraq, non c'è scoop? E' roba vecchia, non la riprende nessuno. Allora, per far cosa gradita, lui gli dice che ci ritiriamo e subito tutta la corte ripete a pappagallo: "Era ora che ce ne andassimo, non se ne poteva più, abbiamo altro da fare che starcene lì con le mani in mano". Poi però George telefona, o fa telefonare: "Ve ne andate in che senso?". Segue smentita. Vespa riapre le bozze e i politici al seguito richiamano giornali e agenzie per ritirare la dichiarazione precedente, fraintesa dalla solita stampa comunista. Non si finisce mai. Ma è vita, questa?
Se proprio non vuol seguire i nostri consigli, il Grande Frainteso provveda almeno a dotarsi di due incaricati: un portavoce e un portasmentite. Non si può affidare la dichiarazione e la rettifica alla stessa persona: ne va della dignità, persino Bonaiuti e Bondi dovrebbero averne una. In alternativa, si potrebbe ridurre il numero dei parolieri. E' comprensibile che, come gli altri intrattenitori e cabarettisti, il premier non possa scriversi i testi da solo. Non ce la fa nemmeno Celentano. Ma se fra i parolieri di Bellachioma c'è un pacifista e un guerrafondaio, un epuratore e un tollerante, un proporzionalista e un maggioritarista, un filoarabo e un filoccidentale, un clericale e un mangiapreti, un gay e un etero, un Pera prima della cura e un Pera dopo la cura, un Bondi modello base e un Bondi accessoriato, poi è un casino. Se vuole tenerseli tutti, almeno organizzi degli incontri periodici: faccia in modo che i parolieri si parlino.

6.11.05

Tremate, le streghe son cambiate
Satira Preventiva di Michele Serra

Dove va il pensiero post-femminista? Luisa Muraro e Anselma Ferrara trovano nella teologia ratzingeriana forti elementi di interesse per le donne. Una parabola culturale ormai comune a molte delle protagoniste storiche del movimento

Dove va il pensiero post-femminista? Dopo le recenti prese di posizione di Luisa Muraro e Anselma Ferrara, che trovano nella teologia ratzingeriana forti elementi di interesse per le donne, e specialmente per loro due, ha destato molta sorpresa la notizia che la femminista americana Betty Hoogan, autrice negli anni Settanta del famoso pamphlet 'Streghe inferocite', sta per pubblicare il libro-intervista 'Le ricette del papa', nel quale interroga il pontefice sui segreti della cucina tedesca. È una parabola culturale, quella della Hoogan, ormai comune a molte delle protagoniste storiche del movimento, che guardano con grande attenzione al mondo cattolico, dialogano con il movimento teo-con, e si interrogano sui valori della tradizione, come la famiglia patriarcale e la confettura di mele cotogne fatta in casa.
Dice Irma Cappelloni, a suo tempo fondatrice del collettivo romano del Mattatoio e oggi curatrice della rivista 'Mater familias': "Non è facile spiegare il nostro lungo e faticoso percorso, né in termini di coerenza intellettuale né di evoluzione politica. Difatti, non me lo spiego". Ma vediamo i principali casi di evoluzione dell'universo femminista in senso neo-tradizionalista.

Gudrun Meyer Divenne celebre a 20 anni, in tutta la Germania, per il suo lavoro sulla separatezza delle pratiche sessuate non separabili, un ponderoso saggio di 600 pagine formato solo da parole composte. Il tipografo si tolse la vita perché non riusciva a individuare gli a-capo. Oggi la Meyer è sposata con un calciatore del Werder Brema dal quale ha avuto cinque figli, si occupa di arredamento cinese e tiene la rubrica 'Saper vivere' sul settimanale della Curia. Non ha perduto il temperamento polemico e l'acume intellettuale: clamorosa la sua polemica contro l'abuso delle posate da pesce.

Concettina Cartusio Uscita dal comitato centrale del Pci dopo una famosa lite in ascensore con Pajetta, che voleva sempre schiacciare il bottone per primo, denunciò il maschilismo della sinistra e prese a frequentare il collettivo di autocoscienza più calato nella realtà popolare, quello del Raccordo Anulare. I dissapori con le compagne e il rumore infernale del traffico generarono le incomprensioni poi sfociate in una lunga crisi personale, dalla quale la Cartusio è uscita provvisoriamente con gli psicofarmaci, e definitivamente diventando sottosegretario per Forza Italia, con delega agli ascensori. Il suo libro-confessione, 'Il secolo del tailleur', ripercorre il doloroso itinerario di una donna e del suo guardaroba.

Chin Li Protofemminista nella Cina di Mao, artefice della battaglia per ammettere al ruolo di guardiano di gulag anche le donne, fuggì in America dopo Tienanmen, giudicando inammissibile che i carristi fossero tutti maschi. Accolta nello staff di Bush dopo la pubblicazione di un saggio sulla guerra come lavacro del mondo, si è tagliata i baffi e oggi guida con polso sicuro il settore nevralgico della lavanderia militare. È docente di ammollo all'Università di Stanford e campione regionale di braccio di ferro.

Jessica Kowalsky Raffinata intellettuale e sessuologa libertaria, conquistò le simpatie del movimento organizzando sindacalmente le bambole Barbie e guidandole in corteo lungo la Quinta Strada. Autrice di diversi saggi sull'orgasmo multiplo, nemica giurata della famiglia tradizionale, fu promotrice di una legge federale che tassava pesantemente le automobili monovolume, simulacro della retorica familiare. La svolta quattro anni fa, quando la Kowalsky, multata perché andava su una Smart in tre, riscoprì i vantaggi morali e volumetrici della famiglia tradizionale. Ha creato, su Internet, uno speciale antivirus contro i materali pornografici: le immagini di donne nude vengono automaticamente corrette da un fitto reticolo di peli. Vivo apprezzamento dei cristiani rinati e delle associazioni dei feticisti del pelo.

Justine Petanque Unica femminista di Parigi capace, durante le manifestazioni, di dare fuoco al reggipetto tenendolo addosso. Giovanna d'Arco della liberazione femminile, ha rivalutato il rogo come raggiungimento dell'estasi e della verità, e lungo questa via è arrivata a riscoprire la tradizione cristiana. Tra i suoi recenti successi editoriali, 'Partorirai con dolore e ti depilerai con la ceretta' e il celeberrimo 'L'evidenziatore giallo', una speciale edizione della Bibbia dove la Petanque ha evidenziato in giallo le parti più punitive e terrificanti.

3.11.05

Bufal House
di Marco Travaglio

Proprio un bel giornale, Panorama: comunista all’85%, come dice Bellachioma,
che assume solo comunisti nella speranza che diventino come Bondi, Adornato
e Ferrara. Infatti ci scrive anche Ferrara. E poi Paolo Guzzanti, senatore
forzista. Lino Jannuzzi, senatore forzista. Giampiero Cantoni, senatore
forzista, Gianni Budget Bozzo, cappellano forzista. Bruno Vespa, confessore
dei forzisti. Con gente così, tanto vale che non lo diriga nessuno. Infatti
lo dirige Pietro Calabrese. Nell’ultimo numero ben tre editoriali riguardano
Freedom House che ha declassato l’Italia fra i paesi ?semiliberi?, come
sappiamo grazie non ai tg o ai cosiddetti programmi di informazione, ma a
Celentano e al film di Sabina Guzzanti. Ora Paolo Guzzanti spiega
amorevolmente alla figlia Sabina che i comici non possono fare informazione
perché non sono informati. Lui, essendo giornalista, lo è. Lei invece ?dà
per ovvii dei fatti non veri?: infatti l’Italia è stata declassata per un
?unico e solo motivo: non per Santoro, Biagi, Luttazzi o te?, ma per
?l’arresto di Lino Jannuzzi? e ?in nessun paese civile si arresta un
giornalista? Quella pericolosa comica della figlia ha ?presentato come
effetto del governo berlusconiano liberticida e censorio la persecuzione del
più grande maestro del giornalismo italiano (che sarebbe Jannuzzi, ndr).
Vedi che cosa succede se si fanno pasticci fra i generi??. Paolo Guzzanti,
che per evitare pasticci fra i generi fa sia il condirettore del Giornale
sia il senatore, considera gli Usa un paese incivile, visto che una
giornalista è stata arrestata per non aver rivelato una fonte. Ma restiamo
al punto. Un altro giornalista, per definizione molto informato, è Vespa:
?E’ fantastico scoprire che siamo finiti al 77° posto per la pena carceraria
inflitta a due giornalisti: uno è ... il senatore Jannuzzi. La condanna di
un amico di Berlusconi per aver parlato male dei nemici di Berlusconi è
costata una sanzione all’Italia in quanto troppo berlusconiana. Quando ha
scoperto che Jannuzzi è stato graziato, una delle autrici del rapporto
sull’Italia ha detto al Giornale che adesso, sì, la nostra stampa tornerà a
essere considerata libera?. Forse l’insetto non sa che Jannuzzi è stato
condannato ai domiciliari per aver diffamato i giudici di Tortora, Ma
restiamo al punto. Ecco dunque l’informatissimo Jannuzzi: ?L’Italia è
parzialmente libera non per Biagi e Santoro, che la Freedom House ignora del
tutto, ma perché è stato arrestato per le sue critiche ai magistrati un
senatore?. Che poi sarebbe lui. Possiamo forse dubitare di tre maestri del
giornalismo come Guzzanti, Vespa e Jannuzzi? Certo che no. Mica sono comici:
sono giornalisti che non fanno pasticci fra i generi. Figurarsi se si
lasciano cogliere impreparati su Freedom House, che è la Casa delle Libertà
americana.

C’è però un problemino di date. L’Italia passa da libera a semilibera, dal
53° al 74° posto, nel rapporto di Freedom House pubblicato il 28 aprile 2004
(relativo al 2003). L’arresto di Jannuzzi viene disposto (peraltro a
domicilio e solo di notte) quasi tre mesi dopo: il 19 luglio 2004. Come può
un fatto avvenuto dopo averne provocato uno accaduto prima? Infatti i motivi
della retrocessione, riportati nel comunicato ufficiale di F.H. del 28
aprile 2004, non nominano Jannuzzi. Nominano Berlusconi: ?Il premier Silvio
Berlusconi è riuscito a esercitare un’indebita influenza sulla tv pubblica
Rai, un fatto che ha ulteriormente esacerbato un già preoccupante clima
mediatico caratterizzato da un‘estensione squilibrata dell’enorme impero
mediatico di Berlusconi?. Parole di Karin Deutch Karlekar, la funzionaria
che secondo Vespa si appresterebbe a riabilitare l’Italia, ora che Jannuzzi
è stato graziato. Il rapporto cita poi le pressioni berlusconiane sul
Corriere della sera, la Gasparri-1 e il decreto salva-Rete4. Il caso
Jannuzzi compare in tre righe del rapporto del 27 aprile 2005, in cui
l’Italia rimane ?semilibera? e scivola dal 74° al 77° posto. Non certo
soltanto per Jannuzzi, visto che Freedom House cita ben più diffusamente il
monopolio di Berlusconi, le pressioni su Rai e giornali, la Gasparri-2, il
salvataggio di Rete4 e l’esistenza di ?2 giornali nazionali (su?, ndr) 8
controllati dal premier e famiglia? (e dimentica Panorama). Non sono
documenti clandestini: sono reperibili sul sito di Freedom House e non solo.
Celentano e Sabina li hanno letti. Guzzanti (padre), Vespa e Jannuzzi no:
non sono mica showman, loro. Sono giornalisti: devono informare, loro. Mica
informarsi.
il manifesto
02 Novembre 2005


FIACCOLE ROMANE


ROSSANA ROSSANDA


Cominciamo con l'eliminare le bassezze. Un esponente della comunità ebraica romana ha dichiarato che chiunque non sarà al suo fianco a manifestare davanti all'ambasciata dell'Iran giovedì sera non soltanto è nemico di Israele ma di tutti gli ebrei, e deve sapere che sarà tenuto sotto osservazione. Il saggio amico Amos Luzzatto ha cercato di rimediare osservando che qualcuno sarà impedito di esserci perché ammalato o all'estero. Io sono in questa condizione. E però non a Pacifici, che una volta mi ha additato come terrorista alle sassate dei suoi seguaci, ma a Luzzatto voglio dire che non sarei andata alla fiaccolata neanche se fossi a Roma e sana come un pesce. Primo, perché nessuno mi farà andare o non andare a una manifestazione sotto minaccia di essere schedata, e non preciserò che cosa questo mi ricordi; secondo, perché non vedo ragioni di essere a fianco di Calderoli e di Fini e sotto l'egida del Foglio. E con ciò chiuso. Che qualcuno della comunità ebraica possa definirmi per questo antisemita è un problema della medesima comunità. Delle intemperanze del Foglio, che sta varcando il limite tra provocazione e stupidità, non meriterebbe parlare se troppi e troppe non fossero frementi di frequentarne la scena. E veniamo alle cose serie. Politicamente grave è stata l'uscita di Ahmadinejad sulla necessità di cancellare Israele dalla carta geografica, e miserrimo il rattoppo: "Ma non sarà l'Iran a cominciare, e del resto sono cose che Khomeini e Khamenei hanno detto per vent'anni". Grave che una folla di giovani e meno giovani e financo di donne, trattate come sono da quel regime, si sia inebriata per le strade di Tehran di questa minaccia simbolica. Perché è un mero simbolo, ancorché pessimo. Non solo Israele è uno degli stati più difesi, più armati e per certi versi più aggressivi del mondo, e quindi non è certo messa in pericolo dall'Iran, ma quel che gli ebrei hanno subito nel `900 fa dell'esistenza di una terra loro, dove non possano mai sentirsi perseguitati o indesiderati, il minimo che l'umanità deve a se stessa. Se c'è qualcosa da cancellare è l'incapacità di molte comunità della diaspora di liberarsi dal senso di essere in un ghetto, di essere isolata e perseguitata, e la parallela incapacità di Israele di presentarsi come in stato d'assedio e quindi di agire in modo conseguente per uscire da quel conflitto in medioriente, nel quale sia ebrei sia palestinesi, spossessati della loro terra, hanno perduto troppe vite e stanno dando il peggio di sé. Non è vero che un forsennato presidente iraniano voglia cancellare lo stato di Israele mente il saggio Sharon riconosce pienamente l'esistenza di uno stato palestinese. Ambedue rifiutano di riconoscersi, si rilanciano minacce di sterminio che fortunatamente non possono mettere in atto, svicolano dai loro problemi reali e danno corda ai reciproci fondamentalismi.
Su questo l'appello a partecipare al presidio di giovedì non dice né solo né tutta la verità. E' una manovra che fa comodo alla destra, viene da uno dei suoi uomini, pretende di misurare la temperatura democratica della sinistra di fronte a uno dei problemi più dolorosi del tempo nostro. Soprattutto è una misera cosa davanti al vero problema di civiltà dal quale è impossibile stornare ormai lo sguardo. Da tutte le parti del mondo ci viene infatti un'analoga immagine: al venir meno di un conflitto civilizzato come è stata e vissuta nel `900 la lotta di classe e quella di emancipazione dei popoli, sono conseguite da parte della sinistra l'abbandono di ogni principio, e nei paesi terzi la retrocessione dalla emancipazione all'identità di sangue e terra. E' giocoforza constatare che alla fine di un messianesimo terrestre per ingenuo che fosse, dai primi illuministi all'ambizione di creare un soggetto sociale rivoluzionario internazionalista, è sopravvenuta non altro che una regressione dell'una e dell'altra molto al di qua del punto da cui si era partiti. La fine dei laicismi arabi è una catastrofe per quei paesi: davvero solo gli ayatollah potevano liberare l'Iran dalla modernità poliziesca e filoamericana dello scià? Davvero solo la disperazione dei kamikaze può ormai far fronte a Sharon? O Al Qaeda e la sue ramificazioni al venire meno di ogni progressismo arabo? E sono lo sette fondamentaliste, musulmane o indu, che si danno reciprocamente fuoco ma convincono e spesso organizzano i reietti della crescita indiana. Ma anche in occidente sembra che alla mera forza della tecnica del mercato non possa opporsi che la mera visceralità. Non è questa che ha dato spazio negli Stati Uniti ai neocons, in Francia a Le Pen, a Bossi in Italia, ai Kaczynski in Polonia, e si potrebbe continuare? Il modello occidentale trionfante moltiplica i reietti, e i reietti non sono - su questo ha ragione Dahrendorf - il terreno delle rivoluzioni. Sono terreno del populismo. Così quel che potrebbe essere stato, anche nel caso del presidente iraniano, un dibattito serio nel conflitto politico italiano degenera di colpo in una brutta commedia. Bisognerà pure che qualcuno si decida a dirlo.
(rossana rossanda)
Bigenitorialità e il diritto ad amare
da Cosmo de la Fuente

Cuore di padre

Il padre pu? essere un ottimo genitore, come mai, allora, nel 96% dei casi
dopo una separazione l'uomo viene sempre penalizzato? Sapete quanti sono
gli uomini che vivono la separazione dai propri figli a causa delle ripicche
delle ex mogli? Circa 4 milioni.

La mamma ? importantissima per un figlio, ma sicuramente lo ? anche un padre.
Molte le donne che mi hanno scritto dopo aver letto il mio libro, sono d'accordo
anche loro. Cosa capita allora?

Dobbiamo unirci uomini e donne affinch? i figli del nostro tempo non debbano
mai essere privati dell'amore della madre e nemmeno di quello del padre,
anche se i genitori si dividono. Mi piacerebbe conoscere le vostre impressioni
e se avete letto il mio libro fatemi sapere cosa ne pensate. La mia mail
personale ?



Madre contro Padre (1)



Alberto era ancora un ragazzone quando nacque sua figlia, aveva poco pi?
di trent?anni, ma amava ancora giocare con la vita.
Si era sposato tre anni prima con Giuliana e, malgrado il loro rapporto non
fosse idilliaco, tirava a campare.
Da fidanzati spesso Giuliana gli aveva detto che lei avrebbe voluto un marito
collaboratore in casa e soprattutto con i figli perch? non sopportava il
tipo d?uomo che rimaneva seduto sul divano e non si occupava delle faccende
di casa e della famiglia.
Alberto un po? per questo, un po? perch? Giuliana soffriva di mal di schiena,
ma soprattutto perch? era letteralmente innamorato della sua bambina, si
prest? volentieri a prestare il suo aiuto in casa.
Giuliana non allatt? al seno la bambina, di notte si alzava Alberto per darle
il latte, la cambiava e si comportava da bravo mammo. Tutto questo era utile
per Giuliana perch? oltre a seguire un corso di Estetista durante il giorno,
presto cominci? a lavorare, il primo anno di vita di questa meravigliosa
bambina, Alberto se lo fece praticamente da solo. Quando in America c?era
qualche problema Giuliana partiva e stava almeno tre mesi lontana da casa.
Essendo titolare di un ristorantino Alberto aveva la possibilit? di andare
a lavorare dopo le 18,00 , portava con lui la bimba che rimaneva fino alle
20,00 ora in cui la mamma veniva a prendersela nervosamente, perch? stanca,
se la trascinava a casa infuriata perch? la piccola voleva ancora il suo
pap?.
Giuliana, di origine italo americana, aveva nostalgia del suo paese e spesso
nel nervosismo delle discussioni minacciava sia Alberto che Giselle (la figlia)
di tornarsene dai suoi. La piccola poco per volta cominci? a far di suo padre
l?unico punto fermo e sicuro della sua vita e quindi a cercarlo e ad avere
bisogno di lui.
Questo non piaceva a Giuliana che non rinunciava a terrorizzare la piccola
con le sue minacce di andar via.
Le sue lamentele e continue urla poco per volta distrussero il rapporto con
Alberto e ben presto Giselle si rese conto che poteva contare molto di pi?
di suo padre.
Quando Giuliana e Alberto decisero di separarsi un Giudice ?donna? che non
sapeva minimamente come stavano le cose, decise che Giselle doveva restare
con la madre. Cosa ne sapeva quel Giudice? Che scelta sbagliata per il solo
luogo comune che i figli stanno bene con la madre e non con il padre. Che
errore madornale da parte di un Giudice che dovrebbe pensare al bene di un
bambino e non alla solita tiritera stupida che i figli sono propriet? della
madre.
Ad Alberto non rimase che prendere sua figlia ed andarsene all?estero e la
cosa sicuramente non era legale. Cosa doveva fare un padre, un cuore di padre,
che sapeva benissimo che la bambina non viveva senza di lui ? Pur non approvando
il gesto non posso condannarlo, almeno ora la bambina ? contenta e la madre
si ? gi? risposata. D?altro canto era abituata a separarsi dalla bambina,
cosa che Alberto non riusciva a fare .
Perch? in Italia il padre deve essere sempre penalizzato? Chi l?ha detto
che un uomo non pu? essere un ottimo genitore? Vorrei che qualcuno in politica
si occupasse seriamente di questo problema, io sarei il primo a volerlo,
non importa di quale partito ma ? qualcosa di molto importante. Farebbe bene
anche ad occuparsene il Vaticano dal momento che parliamo d?amore.
Che ci sia la parit? anche in questo. Battiamoci e concludiamo!



Un papà per nemico (2)

Un amore si spegne e una coppia si divide.
Dopo la separazione dal marito Damiano, ad Alba vengono affidati i due figli
che per ragioni di privacy chiameremo Piero e Melissa.
Damiano, viene colto da sentimenti di vendetta, da subito non rispetta i
patti e decide arbitrariamente di non collaborare finanziariamente al mantenimento
dei figli e, senza alcun rispetto della loro vita piomba in casa quando vuole
esercitando controlli e pressioni su Alba affinch? non esca e non abbia contatti
con amiche e parenti. Sfrutta al massimo il suo potere discriminatorio dicendo
in giro che l?ex moglie ? ?pazza?. Dapprincipio si pensa ad un uomo deluso
e disperato che altro non ha se non fare questi giochetti dettati dalla sua
amarezza. In realt? Damiano spesso dimostra di essere un uomo violento e
immaturo.
Alba comincia una vita costellata da problemi finanziari. Disperata, confusa
e preoccupata per quello che i suoi figli stanno vivendo, perde il lavoro,
? sul lastrico.
L?ex marito non si occupa dei figli e, successivamente, malgrado sia libero
di vederli quando vuole, lo fa molto saltuariamente, sempre di meno. La situazione
? critica e Alba, non potendo offrire nessun tipo di agiatezza ai bambini,
fa violenza a s? stessa, nel loro interesse. E? conscia del fatto che il
padre dei suoi figli dispone di una bella casa e delle possibilit? economiche
per provvedere alle necessit? dei ragazzi, chiede in via giudiziale la modifica
delle condizioni di separazione in modo che i due minori vengano affidati
al Comune con collocamento presso il padre. L?ex marito non accetta di buon
grado l?invasione in casa da parte dei suoi cuccioli.
Contrariamente a quanto succede nella maggior parte delle coppie che si separano,
questi due ex coniugi lottano affinch? i figli vengano affidati all?altro.
Ma Alba lo fa nella speranza che i suoi figli possano stare meglio e che
si possa monitorare la qualit? di vita dei due ragazzi.
Il Presidente del Tribunale nel 2003 affida i figli al padre assegnandogli
anche la casa coniugale. Non importa a nessuno, che Alba sopravviva con uno
stipendio d?indennit? di mobilit? pari a poco pi? di 500 Euro.
Damiano, pur vivendo in un?altra abitazione dove pu? accogliere i figli,
chiede l?abbandono immediato della casa da parte di Alba e presto si presenta
con l?ufficiale giudiziario per godersi la ?cacciata? della sua ex.
La donna comincia a subire quello che vivono la maggior parte dei pap? separati,
quello che nessuna persona dovrebbe subire in caso di separazione. Non avendo
dove andare e non potendosi permettere un albergo, come succede a tanti uomini,
dorme in auto per circa una settimana.
Cosa importa alla nostra societ? di quale sia la fine di questo esercito
di disperati, milioni di uomini e alcune centinaia di donne che non sanno
dove battere la testa, infragiliti e impotenti di fronte all?amore per i
propri figli. Vittime del sistema freddo e implacabile, che non ? capace
di valutare ogni persona per quello che ? ma che si limita ad applicare regole
generiche, come se tutti fossimo fatti con uno stampo. Alba a fatica riesce
a vedere suo figlio, perch? il padre, con mille scuse, non glielo permette,
tipico atteggiamento vendicatorio di alcuni coniugi affidatari.
I bambini non reggono bene il clima di lotta che si ? venuto a creare tra
i genitori. Sono le vittime innocenti, come al solito, nei loro occhi si
legge la tristezza e l?incertezza del futuro. Per Piero la scuola diventa
troppo difficoltosa e sempre pi? spesso il suo vocabolario si arricchisce
di parolacce. Ce l?ha col mondo e quel linguaggio si trasforma nella sua
protesta contro tutti. Melissa dorme poco e di notte piange, ha notato che
suo padre ce l?ha con lei, si dimostra freddo e distante. Damiano, d?altro
canto, ? nervoso, vive tutto questo come una punizione e si comporta in maniera
aggressiva con Melissa. Arriva a picchiarla e a riempirla di calci dopo averla
insultata. Non accetta che lei possa avere un suo pensiero e, ancor meno,
che non provi odio per la propria madre. Un tentativo di plagio che nessuno
nota. Alba non ne pu? pi? , si preoccupa seriamente per i figli, e, dopo
l?ennesima violenza perpetuata sulla ragazza, presenta una denuncia. Alla
fine il padre caccia di casa Melissa. Da quel momento Damiano non cercher?
pi? la propria figlia, nemmeno per chiarire le incomprensioni o per tentare
di ricucire il loro rapporto.
Quante volte abbiamo sentito queste cose? In questo caso ? la mamma a vivere
una storia senza senso. Chi decide che i propri figli debbano soffrire cos?
non ? un genitore che possa fregiarsi di essere chiamato ?pap?? o ?mamma?.
La mamma, disperata per le condizioni psicologiche in cui versano i figli,
con l?aiuto di un avvocato chiede con urgenza un?istanza al Giudice, supplicando
di riavere l?affidamento dei suoi figli. Valutando il comportamento dell?uomo
e, venuto meno lo scopo dell?affidamento al padre, cio? quello di migliorare
la qualit? di vita dei minori, il Giudice, giustamente, riaffida i figli
al Comune collocandoli presso la madre, demandando il monitoraggio della
situazione ad un consulente esterno.
La consulente opera in maniera strana, esige le risposte che piacciono a
lei e, come spesso accade, assume un atteggiamento duro e molto astioso nei
confronti del genitore controllato. La CTU, malgrado Melissa abbia pi? volte
espresso il proprio disagio nel vivere col padre, ritiene che lei debba stare
con lui. ?Prontuario? alla mano liquida la questione ritenendo che tale comportamento
sia soltanto un sistema educativo scelto dal genitore. Ma non si ? detto
in molte occasioni che ? estremamente dannoso esercitare una violenza fisica
e psicologica per educare? Insomma, nei metodi educativi ? previsto anche
quello d?insultare e prendere a calci i figli per poi metterli alla porta?
Morale della favola: Piero, nove anni, viene affidato al padre e a Melissa,
sedici anni, che non ascolta ragioni, viene concesso di stabilirsi provvisoriamente
dalla madre a condizione che la stessa aiuti la figlia ad accettare il rapporto
con il padre.
Il piccolo matura un atteggiamento sempre pi? aggressivo, sembra pi? grande
della sua et?, soffre d?insonnia e la ?bestemmia? diventa il suo linguaggio,
numerosi tic s?impadroniscono del suo volto di bambino, perdendo l?allegria
e la spensieratezza tipiche della sua et?.
La ragazza disperata scrive al Giudice chiedendo di non essere pi? affidata
al padre . Malgrado ci? viene modificata nuovamente l?ordinanza e dispone
che la ragazza torni a vivere dal padre. Motivazione di tale ordinanza: -
La mamma non si ? adoperata per costruire un rapporto padre-figlia e la ragazza
parla cos? perch? plagiata dalla madre.
Ora, appurato che tutto corrisponda a verit?, e non ho motivo di credere
il contrario, stabilito che il padre abbia effettivamente le possibilit?
economiche per provvedere ai figli , consci del fatto che anche se la storia
non fosse reale, in ogni caso potrebbero esistere migliaia di vicende simili
a questa, , cosa si fa? : -Niente! - E le stelle stanno a guardare.
Non importa a nessuno cosa provino questi ragazzini, nemmeno si tiene conto
che un uomo sia stato condannato in sede penale per lesioni fisiche nei confronti
della moglie dimostrando la sua indole violenta.
Quest?individuo compie atti tipici dettati dalla rabbia, come alcune donne
assetate di vendetta post divorzio. Arriva a prendere a calci l?auto della
ex coniuge con i figli a bordo. Se vogliamo essere coerenti ? giusto che
si parli anche del comportamento di un uomo di questo tipo, proprio perch?
facendo questo isoleremo la parte ?cattiva? del meraviglioso universo paterno.
Vogliamo che il mondo sappia che il padre ? un?importante figura nella crescita
dei figli e proprio come additiamo quelle mamme sconsiderate dobbiamo anche
farlo per quei padri indegni. Tutto questo dimostra ancora una volta che
il Sistema ? fragile, che le istituzioni possono anche sbagliare e che raramente
vengono prese in considerazione le necessit? vere dei minori: amore e sicurezza.
Voglio dire, provato che i figli non sono stati plagiati, bisognerebbe ascoltarli.
Ancora una volta ci sono errori di valutazione e leggerezze imperdonabili.
Non si pu? costringere un figlio a stare con un padre accusato di maltrattamenti
?accertati?.
Padri e madri uniti nell?interesse dei bambini. Penso che non debba accettare
che a pagarne le conseguenze siano i minori. Nessun padre e nessuna madre
deve assistere alla violenza, anche se solo psicologica, sui propri figli.
Nessun uomo e nessuna donna deve arrivare a dormire in strada perch? non
importa a nessuno se quel genitore ha i mezzi di sostentamento e le possibilit?
di vivere decorosamente.
Ma chi siamo, dove viviamo? Quante Alba ci sono? Aiutiamo tutti questi ragazzi,
perch? un giorno possano dire: - ci sono padri e padri-; ci sono madri e
madri -affinch? non cadano anche loro nel luogo comune che vede il padre
come la figura meno sensibile della famiglia.
Questo tipo di padri sono i veri nemici delle nostre associazioni pro padri
separati, sono loro, con il loro atteggiamento, a contribuire a gettare fango
sulla figura del ?pap??.
Tuteliamo il padre quando ? degno, ma isoliamolo, come il virus dell?influenza,
quando dimostra di non essere tale. Perch? noi amiamo i nostri figli, proprio
come li amano le madri! Noi padri abbiamo il dovere di dissociarci da quanti,
con il loro comportamento, dimostrano di essere padri a cui non importa nulla
del diritto alla bigenitorialit? dei minori, esattamente alcune donne fanno.
Alba ha lo stesso diritto del padre di stare con i suoi figli e di vederli
crescere.

2.11.05

I record del magico Giulio
Contrordine di Alessandro Robecchi (Il Manifesto, 30-10-2005)

Il signor ministro del disastro economico Giulio Tremonti aveva occupato la sua scrivania al ministero dell'economia nel 2001 con un'aria burbanzosa e scanzonata. Fece notare che aveva la scrivania di Quintino Sella (me' cojoni!), mostrò alle compiacenti telecamere un grafico da cui risultava che il governo uscente gli aveva lasciato un buco spaventoso, e si accinse subito al suo lavoro di stregone dei numeri. Qualcosa nella magica pozione non ha funzionato, nemmeno le alchimie contabili, le entrate una-tantum, i condoni. E quanto agli immobili pubblici messi in vendita, si sa che qui nessuno è fesso, e davanti ai cartelli «vendesi» gli italiani hanno fatto marameo. Le roboanti previsioni sul miracolo italiano venivano ritoccate ogni giorno. La stima del prodotto interno lordo calava a vista d'occhio, praticamente minuto per minuto, ritoccata di mezzo punto, di un punto, di un punto e mezzo. Gli italiani prima di uscire di casa guardavano le previsioni del tempo e la nuova stima del pil, tanto per sapere ogni mattina di quanto erano più poveri grazie alla nuova banda del buco, e di quanto si era sbagliato Tremonti. Come finì è noto, con le orecchie sempre più basse e l'aria sempre più afflitta, il Tremonti dovette andarsene, sfiduciato da Gianfranco Fini in vena di antagonismo. Meno di due mesi fa, lo stesso Gianfranco Fini - questa volta in vena di dadaismo - accoglie a braccia aperte il ministro Tremonti, che torna alla scrivania di Quintino Sella sfrattando il reggente Siniscalco. Ed è subito record: una manovra finanziaria, poi una manovra correttiva, poi un'altra manovra correttiva. In pratica tre leggi finanziarie in due settimane. Per la seconda volta, accorata denuncia: è tornato e ha trovato un buco enorme - roba da portare i libri in tribunale - questa volta lasciato non dai comunisti, ma da Siniscalco.

Insomma, teniamoci stretto Tremonti, perché ogni volta che si allontana dalla scrivania, qualcuno ne approfitta, entra di nascosto e fa un buco nei conti pubblici, poi se ne va, arriva il povero Tremonti e trova il buco. Attenti, dunque: se passate nei dintorni del ministero dell'economia fate il giro largo e cambiate marciapiede, perché potreste essere accusati di aver fatto un buco nei conti dello Stato mentre Tremonti era in pausa pranzo. Come in tutti i romanzi gialli che si rispettino, bisogna seguire bene la trama. Ha un alibi Tremonti? Certo che sì: mentre Siniscalco, subdolo e maligno, gli faceva un altro buco nel bilancio, lui era vicepresidente del Consiglio, una posizione da cui notoriamente non si sa nulla dei conti del Paese, anche se si votano tutti i provvedimenti. Il suo capo, nel frattempo, l'ometto del miracolo italiano, si sbracciava per dire che siamo tutti ricchi, altroché, ci mancherebbe, guarda qui che sciccheria. E nel tempo libero, mentre i suoi creativi dell'economia confezionavano due manovre correttive in dieci giorni (record del mondo) si dilettava a stilare liste di comici sgraditi. Grande statista.

Inutile dire che tutti gli economisti, gli analisti e i politici dell'opposizione che avevano paventato una manovra correttiva sono stati sbertucciati per mesi, offesi, derisi, descritti come Cassandre e disfattisti, gente che semina sfiga. Dopodiché di manovre correttive ne hanno fatte due. Per fortuna il ministro Tremonti ha assicurato l'altro ieri che questa manovra correttiva è l'ultima e non ce ne saranno altre, bontà sua. Anzi, forse dormirà sulla scrivania di Quintino Sella, in modo da evitare che qualcuno entri di notte a fare un altro buco nei conti. Comunque allegri, non c'è da preoccuparsi, in un modo o nell'altro sono saltati fuori cinque miliardi. Un po' di soldi si fregano alle ferrovie, per la gioia degli utenti che ora insieme a zecche, pulci e topi, potranno viaggiare anche con animali più esotici, tipo tarantole o coguari. Qualche soldo per la scuola privata si trova sempre, senza contare l'Ici della Chiesa, che tanto ce la rimettono i comuni. Ecco in sintesi, quattro anni di politica economica, una tragedia a sfondo comico di ambientazione liberista, dove l'unico che fa i soldi con le sue aziende è il presidente del Consiglio. Quando, un giorno di metà aprile, i liberisti del centrosinistra arriveranno alla stanza dove sta la scrivania di Quintino Sella, chiameranno le telecamere per dire a tutti che lì c'è un buco spaventoso, mostreranno il cadavere dei conti pubblici e attenderanno i risultati dell'autopsia, mettendo bene in chiaro che urgono sacrifici. Tremonti si allontanerà alla spicciolata, fischiettando per non farsi notare, magari travestito da italiano neo-povero, per confondersi con la maggioranza dei cittadini della Repubblica accorsi a festeggiare.